Storie di amori e migrazioni

Oggi su Masticadores Italia è uscita la mia recensione al nuovo libro di Tito Barbini, Storie di amori e migrazioni sull’isola dalle ali di farfalla.

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Lollo e le squadracce

E per concludere con un tocco di surrealismo questa discussione su fascismo e antifascismo, così come su censura, protesta e repressione, ecco le parole del ministro Lollobrigida, quello che vorrebbe inserire per decreto il formaggio italiano nei menu di tutti i ristoranti: di fronte agli episodi di contestazione che si sono verificati a Torino, in occasione della Conferenza degli Addetti scientifici e spaziali e degli Esperti agricoli 2024 ospitata dal Politecnico con ministri e rappresentanti delle istituzioni, non ha esitato a parlare, a proposito dei manifestanti, di “squadracce che tentano di usare gli stessi metodi condannabili che il fascismo usava all’epoca”.

Ora, anche ammettendo che la manifestazione studentesca abbia avuto degli aspetti aggressivi, col tentativo di entrare nel Politecnico, bandiere bruciate, qualche sasso lanciato, non dimentichiamoci quali erano i metodi usati dalle squadracce fasciste: botte, incendi, olio di ricino, omicidi. Circa 700 persone morirono in Italia nel periodo d’oro dello squadrismo fascista, prima ancora che questo salisse al potere. Così, tanto per ricordarcelo e non fare paragoni poco azzeccati.

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Fascismo o non fascismo?

Giorgia Meloni ha cominciato a far politica da giovanissima: a 15 anni, nel 1992, si è iscritta al MSI. Come è noto, il MSI si ispirava dichiaratamente al Partito fascista, tant’è vero che, sebbene tollerato dalla Repubblica italiana, era considerato fuori “dall’arco costituzionale”. Leader del MSI è stato fin dagli esordi Giorgio Almirante, che veniva dal Partito fascista, ha collaborato alla stesura delle leggi razziali, è stato segretario del comitato di redazione della rivista antisemita e razzista La difesa della razza, non ha mai rinnegato la sua appartenenza al fascismo. Nel simbolo del MSI era rappresentato un monumento funebre dal quale si sprigionava una fiamma tricolore: questa immagine alludeva alla tomba di Mussolini. Quando vi entrò Meloni, Almirante era morto da alcuni anni e segretario del Movimento era Gianfranco Fini, che nel corso degli anni, che fosse per opportunismo o per sincera convinzione, tentò di smarcarsi dalla pesante eredità fascista. Cambiò nome al partito, pronunciò parole severe nei confronti del fascismo, infine confluì nel Popolo delle Libertà. Questo finì per metterlo in rotta con una parte dei suoi camerati, che non intendevano abbracciare questo percorso. Fu così che nacque un gruppetto di dissidenti i quali fondarono nel 2012 Fratelli d’Italia. Recuperarono la fiamma, alla quale non hanno mai voluto rinunciare, e si posero in continuità con il MSI, passando attraverso Alleanza Nazionale ma non condividendo la cosiddetta “svolta di Fiuggi”. Giorgia Meloni è una delle fondatrici. Il suo partito ha avuto un grande successo e nel giro di soli 10 anni è diventato il primo partito italiano, andando al governo nel 2022 insieme a Lega, Forza Italia e Noi moderati.

Date le sue origini, la sua lunga militanza, le idee che professa e considerato il suo entourage, a Meloni viene spesso chiesto quale sia la sua posizione nei confronti del fascismo. Inizialmente lei se la cavava con delle battute, affermando che il fascismo è morto è sepolto, che “è stato consegnato alla Storia” e che lei, essendo nata nel 1977, non può essere fascista. Tutte queste affermazioni sono assai discutibili: innanzitutto il fascismo non è affatto morto, ma continua a esistere e prosperare con tanto di seguaci, ideali, riti e cerimonie. Il fascismo (che non coincide con la creatura di Mussolini ma è un movimento molto più ampio, diffuso in tutto il mondo, e di cui noi italiani possiamo considerarci i fieri inventori) ha governato ben oltre l’Italia, ben oltre Mussolini, ben oltre la fine della Seconda guerra mondiale, sia pure con denominazioni e sfumature diverse: in Spagna, in Grecia e in Portogallo, in molti Paesi del Sudamerica, e rischia di tornare al potere in varie nazioni europee. Il fatto che Meloni sia nata nel 1977, come è evidente, non significa nulla: ci sono oggi nel mondo liberali nati molto tempo dopo Adam Smith e John Locke, comunisti nati molto dopo Karl Marx e cristiani nati duemila anni dopo Cristo. Possono esserci fascisti nati nel 1977.

 Ultimamente però, maggiormente pressata e desiderosa di darsi una patina di presentabilità, le sue risposte sono diverse, sempre però alquanto sfumate, ironiche o vaghe, mai precise e nette. Non senirete mai Giorgia Meloni dire “non sono fascista” e meno che mai “sono antifascista”. Parlerà, come ha più volte parlato, degli orrori del nazismo, di quanto lei avversi ogni forma di totalitarismo, parlerà di libertà ma non di liberazione. Non può farlo: in parte perché questo è il suo sentire, in parte perché deve fedeltà ai suoi sodali, più nostalgici e più attaccati al fascismo di lei. Quando Meloni dice che non c’è in Fratelli d’Italia nessuna nostalgia del fascismo mente, perché cosa sono i busti di Mussolini, i saluti romani, le canzoni, le divise esibite, i pellegrinaggi se non gesti nostalgici?

Ora, c’è chi afferma che tutto ciò non ha ormai alcuna rilevanza: io credo invece di sì. L’Italia è stata portata alla distruzione dal fascismo ed è rinata contro il fascismo, e sebbene siano passati ottant’anni, è bene ricordarlo. Ma più importante ancora del passato è il presente: e nel presente il governo di destra di cui Meloni è premier si rivela ogni giorno di più un governo autoritario, repressivo, maschilista, impregnato di valori che si rifanno in parte al fascismo. Gli esempi li vediamo giorno dopo giorno, dalle nuove leggi repressive che vengono sfornate in continuazione, alle fattispecie di reato che vengono inventate ogni giorno (circa 15 nuovi reati da quando il governo si è insediato), alla politica antimigranti, ai tentativi di censura, alla violenza esercitata nei confronti di manifestanti, carcerati, immigrati. Anche se non fosse fascismo, ci somiglia un bel po’.

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Happy Birthday

Oggi, giorno del mio compleanno, piove e fa freddo, cosa che capita raramente, perché essere nata alla fine di aprile mi ha quasi sempre garantito un compleanno tiepido e soleggiato. Oggi invece sto qui, alla mia scrivania, a guardare il cielo grigio e gonfio e la pioggia scendere fitta e costante. Ho acceso la stufetta che tengo sotto il tavolo per tenere i piedi al caldo e aspetto il momento in cui il tempaccio si calmerà quel tanto da permettermi di uscire per sbrigare alcune piccole incombenze. Proprio in questo momento è iniziato a grandinare…

Prima dell’avvento dei social mi facevano gli auguri mio padre, che era nato il mio stesso giorno, mia sorella, che compiva gli anni un giorno prima di me, mio marito quando se ne ricordava e la mia amica Monica. Ora invece è un pullulare di messaggi su Facebook, Messenger e Whatsapp: rispondo a quelli privati, provo a mettere like a quelli che ricevo su Facebook ma sono troppi, non reggo il ritmo, perciò lascio perdere e mi preparo a scrivere, a fine giornata, il solito post che scrivono tutti: «Cari amici e care amiche, grazie per gli auguri, siete tantissimi, non ce la faccio a ringraziarvi uno per uno, mi avete dato una grande gioia etc etc.» In realtà non amo molto questa pioggia di messaggi, una parte dei quali viene da persone con cui non ho un vero rapporto ma solo “l’amicizia”, “il contatto”. Preferirei che Facebook non ricordasse la data del mio compleanno, ma ormai posso farci poco, a meno di non voler modificare le info sul mio profilo, cosa che temo mi creerebbe una serie di casini con l’amministrazione.

«Abbiamo ricevuto una richiesta di modifica, sei tu? Sei veramente tu? Puoi dimostrarcelo? Puoi garantirci che non sei un robot? Modifica la password, copia il codice che ti abbiamo mandato, ah, non lo hai ricevuto, peggio per te…»

No, meglio lasciar perdere. Grazie a tutti per gli auguri, sono 69, cifra dispari, a rischio di oscenità: l’anno prossimo saranno 70, un bel traguardo.   

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Money

Comunque bene, altri 90 miliardi di dollari da spendere nelle guerre che gli Stati Uniti finanziano: una notizia magnifica, chissà quante belle bombe si potranno tirare, quante case e palazzi si potranno buttare giù, quanto territorio si potrà devastare, quante persone si potranno ammazzare… ogni dollaro speso in guerra è speso bene e, naturalmente, rende la pace sempre più vicina!

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Nembo

Ci dev’essere qualcosa, in piazza del Duomo: a cento metri di distanza vedo un assembramento insolito e sento voci che provengono da altoparlanti. Un comizio? Un mercato straordinario, un evento sportivo? Mi avvicino incuriosita e vedo una folla, non molto numerosa a dir vero, disposta in cerchio, rivolta verso il palazzo comunale. Molti sono ragazzi, e siccome è mattina di un giorno scolastico immagino che si tratti di scolaresche con i loro accompagnatori. Vedo anche molti bambini, con indosso berrettini rossi o arancione: sono alunni delle elementari, anche loro in uscita scolastica. Cosa saranno venuti a vedere? Mi avvicino ancora di più e vedo, all’interno del cerchio degli spettatori, un buon numero di militari in mimetica che svolgono esercitazioni utilizzando attrezzi di vario tipo. A un certo punto, per l’entusiasmo di tutti i presenti, alcuni paracadutisti atterrano nella piazza. Si tratta infatti di una giornata dedicata al Reggimento Nembo, inquadrato nella Brigata Paracadutisti Folgore, da molti anni di stanza a Pistoia. Molto opportuno, penso, portarci bambini e ragazzi: vedere le evoluzioni dei parà non potrà che entusiasmarli. La costruzione dell’homo novus bellicosus procede a ritmo serrato. 

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I Remember

Che cosa ricordiamo, e che cosa crediamo di ricordare, della nostra infanzia? Il mio Amarcord su Masticadores Italia

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Capelli

Dalla scorsa estate il piccolo Dario si è messo in testa di farsi allungare i capelli “come l’Olivia”. L’Olivia è la sua fidanzata, vicina di casa ed ex compagna di asilo nido: alla scuola materna le loro strade si sono in parte separate, ma i due si frequentano ancora, si amano e litigano furiosamente come tutti gli innamorati.

I capelli lunghi hanno comportato qualche problema, come quello di doversi continuamente scostare il ciuffo dagli occhi. La mamma gli ha comprato delle mollette: non è stato facile trovarle di un colore diverso dal rosa e prive di brillantini, ma alla fine ce l’ha fatta.

«Sai», mi dice Dario, «a scuola i bambini scherzano. Mi dicono che sono una femmina. Ma non vedono che la molletta è nera?»

In effetti anche ai giardini capita che qualcuno lo apostrofi:

«Ma tu sei una femmina!»

«No, sono un maschio, è solo che i capelli mi si sono allungati! Ho provato a farmi la coda ma sembravo una bimba e me la sono tolta… Ora tengo la molletta, vedi?»

Anche qualche nonno ci casca e dice al nipotino:

«Fa’ amicizia con quella bimba!»

Ma il piccolo, più avveduto, gli risponde per le rime:

«Non è una bimba, è un maschio!»

«Sì, sono un maschio!» conferma Dario. «Anche tu sei un maschio!»

Una cosa è certa: a Dario piacciono i capelli lunghi, ma non soffre di disforia di genere…

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Il festival delle voci nuove

Ci voleva un bello scossone all’Unione europea, una parola di verità, pura e dirompente, che alzasse il velo sulle magagne di questa Istituzione e ci spiegasse gli errori commessi e la giusta direzione da prendere. Una voce nuova, mai sentita in quel consesso, capace di gridare “il re è nudo” come il bambino della fiaba. Signore e signori, Mario Draghi!

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