Tina

Di fronte a un mondo che somiglia sempre più a una distopia, la cosa che più sorprende è che nessuno dei decisori (politici, economici, istituzionali…) abbia non dico il coraggio, ma nemmeno la minima idea di pensare qualcosa di diverso dalle solite ricette che si stanno dimostrando fallimentari. C’è la guerra? Ogni giorno in più, oltre a portare il suo fardello di morte e distruzione, avvicina pericolosamente il rischio dell’escalation?

«Eh, ma non si può trattare ora… Si deve sconfiggere il nemico! I russi/gli ucraini sono criminali… Bisogna incrementare le armi, le aggressioni, il reclutamento!»

C’è la crisi climatica?

«Eh, ma non si può distruggere così l’impresa automobilistica! Eh, ma i posti di lavoro! Vogliono costringerci a rinunciare all’auto individuale…»

C’è la fame, la povertà, la negazione dei diritti, la siccità, ancora la guerra?

«Eh, ma non possiamo accogliere tutta l’Africa! Dovete restare a casa vostra, ragazzi. Non abbiamo posto per voi.»

C’è l’industria delle armi che è un business mondiale e che semina morte in tutto il mondo?

«Eh, ma ci sono i posti di lavoro da salvaguardare…»

C’è il capitalismo che “ha fatto anche cose buone” ma che in modo evidente sta arrivando a un punto di rottura?

«Eh, ma al di fuori del capitalismo non c’è salvezza!»

Tina, Tina, Tina: che non è la mia donna delle pulizie, ma il celebre There is no alternative.

Intendiamoci, io non ho ricette per tutte queste crisi, ho in mente solo alcune poche cose che ho letto o ascoltato, ho l’orrore di quello che stiamo diventando, di quello che ci aspetta se non ci diamo una bella mossa. Non chiedete a me la parola “che mondi possa aprirci”. Al massimo potrei offrirvi “qualche storta sillaba, e secca come un ramo”. Quello che noto però è che tra coloro che decidono del nostro destino, chiunque siano, dovunque abitino, di qualunque schieramento politico facciano parte, non c’è una visione del futuro di questo povero mondo al di fuori di schemi di pensiero ormai invecchiati e inefficaci. Vent’anni fa girava uno slogan: Un altro mondo è possibile. È possibile?

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Sillabario

Oggi su Masticadores Italia esce questa mia recensione di un libro bellissimo, che consiglio a tutti di leggere.

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Premura

Il piccolo Dario è malato e non può andare al nido. I suoi genitori ce lo portano la mattina e vengono a ritirarlo la sera. Nel pomeriggio fa sempre un sonnellino e mio marito è attentissimo a qualunque cosa che possa disturbarlo.

«Ho messo il cellulare silenzioso: mettilo anche tu», mi esorta.

Uno di questi pomeriggi deve venire il tecnico della lavastoviglie. Mio marito si mette sul balcone ad aspettarlo, in modo che non debba suonare il campanello e rischiare di svegliare il bambino. A un tratto lo vede in lontananza: si precipita giù per le scale con uno scalpicciare di suole e un tintinnare di chiavi che farebbero resuscitare un morto, apre la porta prima che il poveretto abbia il tempo di suonare e lo accoglie gridando a squarciagola:

«Sa, mio nipote sta dormendo, non facciamo rumore!»

«Certo!», sbraita l’uomo.

Il piccolo Dario si sveglia piagnucolando.

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La mail

Non ho proprio capito perché mi abbiano costretto a dimettermi. Dico, non si è dimesso quello con la svastica al braccio, non si è dimesso quello col busto di Mussolini in salotto, e ora avete fatto dimettere me, che sono un uomo di comprovata fede democratica. Che cosa ho fatto, in fin dei conti? Ho scritto una mail! Tutti scrivono mail in continuazione, e nessuno si cura di andare a sindacarne il contenuto. Ero alla ricerca di un testo incisivo, che dicesse con parole forti e agguerrite quello che cercavo di esprimere. Ho digitato su Google: responsabilità, farfalle, arco di Tito… e ho trovato un testo magnifico. L’ho copiato, va bene, non è stato molto corretto, ma non credo che fossero ancora in vigore i diritti d’autore… Mussolini? Dite che è un discorso di Mussolini? Ma no… sono fake news! Credete proprio a tutto, eh. E comunque, se anche fosse? Io ho una società, l’ho chiamata Mussolini, sono un ammiratore del Duce, e allora? Ma guarda un po’ che mi sono dovuto dimettere per questo. Non si può più nemmeno essere fascisti, al giorno d’oggi?

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Il responsabile ultimo

«Hai sentito? Finalmente si è capito chi sono i responsabili delle migrazioni!»

«Ah sì? E chi sarebbero?»

«Sono gli scafisti! Chiaro! Se non ci fossero scafisti la gente non potrebbe imbarcarsi e quindi a nessuno verrebbe in mente di invadere le nostre coste!»

«Qualcosa non mi torna. Non tutti i migranti vengono per via di mare, ci sono anche quelli che arrivano via terra, attraversando le Alpi…»

«Be’, quelli li mandano i russi! Vogliono destabilizzarci, è chiaro. Perciò ci mandano frotte di clandestini che, poveretti, se ne stavano felici a casa loro.»

«Figurati che io pensavo che queste persone migrassero a causa della guerra, o della miseria, o delle persecuzioni. Sono davvero ignorante!»

«Non solo: è ancora un’indiscrezione, tienila per te, ma si dice che il responsabile ultimo sia il Boss.»

«Bruce Springsteen?»

«Ma no! Il Boss, il Capo, Lui, insomma, dall’alto dei cieli! Sembra che sia invidioso del nostro benessere e abbia deciso di riversarci addosso milioni di clandestini neri e puzzolenti…»

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Karaoke

Ora, tutti hanno da dire perché subito dopo il consiglio dei ministri celebrato a Cutro Salvini, Meloni e l’immancabile Berlusconi hanno partecipato a una festa per il compleanno di Salvini. Cos’è, non ci si può più divertire, adesso? Cinquant’anni si compiono una sola volta nella vita, e pazienza se sono morti quei clandestini della malora, e se ogni due per tre il mare sputa fuori un altro cadavere. E chi siamo, i custodi dei nostri clandestini? Non s’avevano a imbarcare, ecco cosa. Passati i tempi in cui un Alan Kurdi con la maglietta rossa ci faceva venire i lacrimoni e ci faceva dire “mai più”. Ci abbiamo fatto il callo, ormai, e sai cosa ti dico, se muoiono da bambini almeno non ce li troveremo a delinquere tra qualche anno. Quanto alla canzone di Marinella… cantiamo quello che ci pare, okay? Ma guarda un po’ che c’è pure la censura, adesso!

Questa degli annegati è la storia vera

Che naufragâr nel mare a primavera

Meloni che li vide così brutti

Pensò “Che se li prendan pure i flutti”.

Salvini che li vide clandestini

Pensò “Possan morire anche i bambini”.

E Piantedosi ch’è il più garantista

Pensò “La colpa è sol dello scafista”.

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Color color…

«Mamma, posso prendere la tua macchina?»

Mio figlio Enrico, venuto per qualche giorno, desidera usare la mia auto, e chi sono io per  impedirglielo?

«Sì, prendi pure le chiavi dalla mia borsa.»

«Quale borsa?»

«Quella rosa.»

«Qui ci sono una borsa gialla e una marrone…»

«Non è marrone, è rosa.»

Mio marito, che notoriamente non distingue il grigio dal beige e il nero dal blu, interviene autorevole:

«Ma che dici, rosa. La borsa è marrone.»

«Rosa.»

«Marrone.»

«Rosa!»

Di qualsiasi colore sia la borsa, Enrico agguanta le chiavi e se ne va con la Panda che, almeno questo concedetemelo, è bianca. Nei giorni seguenti testo il colore della borsa su tutti i miei conoscenti.

«Secondo te di che colore è questa borsa?»

«Beige.»

«Hmm… direi fegato.»

«Grigio perla.»

«Castagna.»

«Prugna.»

«Ruggine.»

«Cipria.»

Terra di Siena chiaro.»

«Feccia di vino…»

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Dichiarazione di poetica

Sono certa che un giorno gli studenti del liceo studieranno questa mia “dichiarazione di poetica” come oggi studiano (ma le studiano ancora?) l’introduzione all’Amante di Gramigna e la prosa del Fanciullino. E la loro professoressa, pedante, con voce nasale, spiegherà:

«In questo brano, Salabelle dichiara quali sono i temi che suscitano il suo interesse, che risvegliano il suo istinto di scrittrice, quali sono gli argomenti degni di essere affrontati in letteratura, ovvero tutti, e lascia trapelare le sue scelte stilistiche usando una prosa volutamente caotica, enumerativa, a tratti delirante.»

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La relazione

È andato tutto bene. Frontex aveva visto il barcone, ma non aveva detto “salvatelo”, così non l’abbiamo salvato, navigava tranquillo, era una crociera. Però meglio essere prudenti, potevano esserci dei criminali a bordo, così abbiamo mandato la guardia di finanza, però le motovedette sono dovute rientrare perché il mare era grosso. Era grosso per le motovedette, ma non per il barcone, che stava andando benissimo, continuava nella sua crociera di sogno. La guardia costiera non l’abbiamo mandata, che volete, nessuno ci aveva detto che ci fosse pericolo, del resto se volevano essere salvati non avevano che da chiederlo, non l’hanno chiesto. Comunque non abbiamo niente da rimproverarci, nessuna carenza nelle operazioni di soccorso, anche perché non ne abbiamo proprio fatte, almeno fino a che non sono naufragati, allora dopo siamo andati, purtroppo molti sono morti, ma non abbiamo niente da rimproverarci, è andato tutto bene.

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L’otto

Oggi è l’otto marzo, giornata della donna. Giornata, non festa. E sì, mi sono accorta che l’otto si può scrivere lotto, e marzo, un po’ alla romanesca, si può scrivere m’arzo, e che perciò si possono formulare frasi tipo:

Lotto marzo

L’otto lotto

L’otto m’arzo

e che esistono altre possibili combinazioni, alcune delle quali del tutto prive di senso. Ma dopo averli letti sui social trecentomila volte già alle otto del mattino, questi giochetti di parole mi sono già venuti a noia. Perciò, sorelle, l’otto lottiamo, ma anche gli altri giorni, grazie.

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