Se camminare fa troppo rumore

Su Masticadores Italia la mia recensione al libro di Giusi D’Urso, Se camminare fa troppo rumore

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Le magnifiche sorti e progressive.

«Senta qua, presidente. Pare che il nuovo assegno inclusione aumenterà l’incidenza della povertà assoluta. “Nonostante alcune misure di accompagnamento positive, si prevede che criteri di ammissibilità più rigorosi ridurranno l’impatto di riduzione della povertà del nuovo regime di reddito minimo”.»

«Ma che stai a sentì i soliti grillini der cazzo? Queste parole me puzzano de Conte da lontano un chilometro. La ggente sta mejo, ora che javemo tolto quer reddito de cittadinanza che l’abbrutiva! Mo’ tutti lavorano e so’ contenti matti! Se fanno la casa, coi sordi che guadagneno. Guarda me: so’ una borgatara, no? Eppure ‘a casa m’a sono fatta, col mio lavoro, e pure ‘a piscina, tiè!»

«Si prevede che l’assegno di inclusione determinerà una maggiore incidenza della povertà assoluta e infantile di 0,8 punti percentuali e 0,5 punti percentuali rispetto al precedente schema.»

«Oh, ma tu insisti a dar retta a Conte, è un bugiardo, t’o dico io!»

«A dire il vero chi lo dice è la Commissione europea, nell’analisi su occupazione, competenze professionali e inclusione sociale in Italia pubblicata oggi.»

«Anvedi, oh! Pure ‘a Commissione è diventata grillina…»

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A chi ce l’ha più lungo

Sono passati più di due anni dall’invasione russa in Ucraina. La quale a sua volta, è bene ricordarlo, era stata preceduta da otto anni di guerra civile tra l’esercito ucraino e gli abitanti russofoni/russofili del Donbass. Questo non per attenuare le gravi responsabilità della Russia ma per smentire qualla vulgata facilona secondo cui Putin si sarebbe svegliato una mattina e senza una ragione al mondo avrebbe deciso di attaccare l’Ucraina. Chi non ha solidarizzato col paese aggredito? Una terra, un popolo non soltanto protagonisti e vittime di terribili vicende durante tutto il XX secolo, ma devastati da anni di combattimenti e ora sottoposti a una vera e propria invasione. Solidarizzare però, per gli USA, la NATO e l’Unione Europea, che questa guerra l’avevano preparata con cura nel corso degli anni, significava imbottire l’Ucraina di armi (prima leggere, poi sempre più pesanti, prima di difesa, poi anche d’attacco) e lasciare che combattesse fino all’ultimo uomo, fino all’ultima casa abbattuta e all’ultimo terreno minato.

«L’Ucraina avrà la vittoria sul campo!»

«La pace la deciderà solo Zelensky!»

E Zelensky, caricato a molla, che faceva il giro del mondo chiedendo a tutti «Armi, armi, armi!»

Quegli stupidi dei pacifisti, altrimenti detti pacifinti, invano ripetevano che era necessario avviare delle trattative serie. Niente da fare: non era mai il momento. Addirittura l’Ucraina fece una legge: proibito negoziare coi russi!

Ora la guerra sta volgendo al peggio. L’Ucraina non vincerà sul campo, perde terreno, è stremata, le armi non bastano, le munizioni sono esaurite, gli uomini scarseggiano e quelli che sono sul campo sono stremati. La conta dei morti è allucinate, chi parla di 300.000, chi di mezzo milione. Il territorio è devastato, le case e le infrastrutture sono distrutte. Ma ancora “non è il momento” di parlare di pace.

«Se i russi dovessero sfondare le linee del fronte, se ci fosse una richiesta ucraina – cosa che oggi non avviene – dovremmo legittimamente sollevare la questione dell’invio di truppe», ha detto Macron, che non vede l’ora di mettersi alla testa di un bel drappello di soldati, con la bandiera tricolore in testa. Come dite? Macron in persona non andrà sul campo? E perché no, è ancora giovane, in fondo, e sarebbe un bell’esempio.

Cameron, tanto per non rimanere indietro, ha autorizzato l’Ucraina a colpire direttamente il territorio russo con i missili inglesi. Perché no, dai, mi sembra un’ottima idea.

E se la NATO per tutto il mese di maggio fa una spettacolare esercitazione nel Mediterraneo, la Russia, tanto per gradire, inizia a esercitarsi su come maneggiare le armi nucleari.

Buona vita a tutti!

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Tra vedere e non vedere

Intanto che si ragiona per la tregua, il cessate il fuoco o come diavolo lo vogliamo chiamare, e Hamas dice che sì, ci si può stare, Israele ancora non risponde ma, tra vedere e non vedere, ha già iniziato l’attacco contro Rafah. Un attacco così bello, così ben preparato, così atteso e pregustato: come si potrebbe rinunciare? Amo l’odore del napalm di prima mattina, diceva quello.

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Un Dio che è morto

Secondo il patriarca ortodosso Kiryll la guerra della Russia in Ucraina è una guerra giusta e Dio, naturalmente, sta dalla parte della Russia. Putin, devoto cristiano, è d’accordo con lui. Ma Zelensky, ortodosso anche lui, ieri ha affermato:

«Dio è vicino all’Ucraina e con un simile alleato la vita vincerà sulla morte. E noi crediamo che Dio abbia un gallone con la bandiera ucraina sulla spalla. Quindi, con un tale alleato, la vita sconfiggerà sicuramente la morte.»

In base all’ideologia sionista, la Palestina è la terra che Dio ha promesso agli Ebrei. Qualche tempo fa Benjamin Netanyahu ha detto: «La nostra sarà la vittoria del bene sul male.»

E per quanto riguarda il mondo islamico, ovviamente, «Allahu Akbar!»

Ma Dio non era morto?

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Stalker

Sono alcuni mesi, ormai, che il mio vicino Tullio non esce più sul terrazzino, diviso dal mio solo da una ringhiera e un tentativo di siepe. Ogni mattina una persiana della sua portafinestra viene aperta, e ogni pomeriggio richiusa, in maniera quasi furtiva. Ogni tanto vedo la ragazza che gli fa le pulizie uscire sul terrazzo per scuotere una tovaglia o stendere qualche capo di vestiario. L’ultima volta che le ho chiesto come stava il vecchio mi ha risposto:

«Oh, benino, lui è sempre lì a lamentarsi, ma mi creda, non è messo così male!»

Stamattina poi, mentre godevo di un raro momento di sole leggendo il giornale, ho visto un uomo che non conosco entrare e uscire diverse volte, scendere le scalette che portano al cortile, scomparire in quella che dev’essere la cantina del Tullio. Ha ripetuto l’operazione più volte, sempre in gran fretta, e senza mai portare qualcosa, né da casa alla cantina né dalla cantina a casa. Non ho osato interrompere la sua attività per chiedergli notizie del vicino. Ma perché non esco dal portone di casa e non vado a bussare al suo?

Il fatto è che le ultime volte che l’ho visto siamo stati protagonisti di un piccolo equivoco che tuttora mi blocca. Il fatto è che il caro vecchietto si era preso una cotta per me. Usciva sul terrazzino quando sentiva il rumore della mia portafinestra che si apriva, o della mia sdraio che veniva posizionata, o del tavolino di ferro che veniva urtato o mosso. Si affacciava, con il suo abbigliamento multistrato, e mi salutava con grande trasporto.

«Ma allora ci sei! Non ti avevo più vista! Credevo che fossi partita, che ti fossi trasferita!»

«Ma no, che dice, sono sempre qui…»

«Sono così felice di vederti! Lo sai, ti penso giorno e notte!»

«Via, Tullio, ma che dice?»

«È la verità! È il mio cuore che batte per te, e lo sai, al cuore non si comanda!»

«Così mi mette in imbarazzo», sbottai alla fine.

Da quel giorno non l’ho più visto. Forse sono stata brusca ingiustamente. Ma a che età esattamente si smette di essere uno stalker e si diventa un simpatico vecchietto rincoglionito? E quali parole e atteggiamenti possono essere considerate innocue sciocchezze e quali molestie?

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Ceppo

Tra oggi e domani si conclude l’edizione 2024 del Premio Ceppo, un importante premio letterario che si svolge a Pistoia, riservato un anno alla poesia e un anno ai racconti. Quest’anno tocca ai racconti e i tre finalisti sono Alessio Mosca, Giovanna Di Marco e Ezio Sinigaglia. Io, ça va sans dire, faccio il tifo per Sinigaglia e per la sua straordinaria raccolta L’amore al fiume (e altri amori corti). La premiazione sarà domani, questo pomeriggio invece in Palazzo comunale sette autori, i tre di cui sopra e poi i vincitori di altre declinazioni del Premio (Ragazzi, Opera prima, Internazionale più un premio speciale intitolato a Pistoia capitale del racconto) leggeranno ognuno un racconto ispirato a una delle sette opere di misericordia. Perché? Ma perché il Premio Ceppo prende nome dall’Ospedale del Ceppo, ormai ex ospedale (ora abbiamo il San Jacopo, appena fuori città), un edificio di grande valore artistico che sulla facciata vanta un bellissimo fregio della scuola di Andrea Della Robbia dedicato appunto alle opere di misericordia.

Dimenticavo di dire che tra i vincitori del Premio, oltre ai tre finalisti per il racconto e a Giulia Ogliarolo, vincitrice del Ceppo Opera prima, ci sono personaggi di scarsissima risonanza quali Nadia Terranova, Michele Mari, Mircea Cartarescu…

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Una grazia sconosciuta

Stamattina per Masticadores Italia parlo del libro Una grazia sconosciuta, di Giovanni Cocco. Si tratta di una biografia, molto interessante e godibile, del grande regista Jean Vigo

Una grazia sconosciuta, di Giovanni Cocco (Editoriale scientifica, 2024) Recensione di Marisa Salabelle

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Paul Auster

Stamattina, quando mi sono alzata, come sempre ho fatto il giro dei social e la prima notizia in cui mi sono imbattuta è stata la morte di Paul Auster. Io di Paul Auster non ho letto tutti i libri, ma la maggior parte sì. Me lo fece conoscere mio fratello Maurizio, che aveva antenne più sensibili delle mie nello scovare autori interessanti. «Assurdo», diceva in questi casi, e per lui “assurdo” era uno dei più grandi complimenti che potesse fare. E in effetti c’è dell’assurdo nei romanzi di Auster, specialmente in alcune delle sue opere, che poi sono le prime che ho letto, La musica del caso e il Leviatano. Sono passati tanti anni da allora, e ricordo poco di quei due romanzi spiazzanti, se non che nel primo c’era un’inquietante casa in mezzo al bosco, abitata da due strani soggetti, dove il protagonista si ritrovava per puro caso e nel secondo un bombarolo che andava in giro per gli Stati Uniti a piazzare bombe nelle riproduzioni della Statua della Libertà (pare che ce ne siano moltissime). Mi sono piaciuti i suoi libri su New York e Brooklyn, mi è piaciuto 4321 che ha irritato e spazientito più di un lettore, con le sue quattro vite parallele del protagonista, vite che si differenziano l’una dall’altra per una serie di sliding doors. Libro che, oltre ad essere estremamente corposo, poteva sembrare una furbata, ma che io ho letto, come un po’ tutte le opere di Auster, come una riflessione su quanto il caso influisca sulla nostra vita. Non più di un mese fa ho letto l’ultimo suo romanzo, Baumgartner, che narra le vicende di un anziano rimasto solo, alle prese con la vita di tutti i giorni che si fa sempre più complicata, tra smemoratezza, gesti maldestri e cadute accidentali, e con la nostalgia della moglie morta e della vita trascorsa.

Paul Auster non era vecchio, aveva 77 anni, solo otto in più di me, era malato da tempo di cancro ai polmoni. Se n’è andato, ma ci ha lasciato tanti bei libri da leggere e rileggere (e anche qualche film).

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A mia insaputa

Mi perdoni, Vostro Onore, non volevo, non era mia intenzione. La mano, per così dire, ha agito contro la mia volontà. Quel profumo sembrava chiamarmi… la mano l’ha preso, svelta l’ha infilato in tasca, io non me ne sono nemmeno accorto, lo giuro, è successo, e quando l’agente della sicurezza mi ha fermato, Dio che umiliazione, il profumo era lì, nella tasca della mia giacca. L’avrei pagato, giuro che l’avrei pagato, ero solo un po’ distratto, ma che dice Vostro Onore, non sarebbe la prima volta? Sono sempre stato un uomo onesto, Dio mi è testimone, quella serie di profumi di marca sul mio comò, a casa, sono tutti regolarmente acquistati, e anche le bottiglie di whisky, le scatole di cioccolatini, le stecche giganti di Toblerone, come può dubitare di me, della mia onestà, se per tutta la vita sono stato uno specchiato cittadino… Vostro onore, le manette, le giuro, non sono necessarie, e chi è quell’uomo col camice da infermiere che mi viene incontro con una grossa siringa piena di un liquido sospetto?

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