
Mi è sempre piaciuto partecipare a manifestazioni e cortei. In un certo senso ci sono nata, essendo una ragazza del ventesimo secolo: quando ero molto giovane e frequentavo il liceo classico questi fenomeni erano all’ordine del giorno. Io avevo un padre intransigente che non voleva che partecipassi a manifestazioni da lui giudicate estremiste, anche perché avrei potuto compromettere il suo buon nome; io in realtà non sono mai stata un’attivista politica, ma quando era possibile sfilare in corteo mi piaceva. Mi piaceva la partecipazione, la quantità di gente, mi piaceva che eravamo tutti giovani, mi piacevano i cori e le bandiere. Quando sono diventata grande, un po’ il clima era cambiato, un po’ ero cambiata io, ero diventata una mamma, una professoressa, non avevo molto tempo da dedicare alla militanza. Ho ricominciato a frequentare certi eventi intorno al Duemila, in concomitanza con molte cose, tra cui la guerra, verso la quale ho sempre nutrito la più profonda avversione. Ho manifestato contro la guerra nel 2001, nel 2002 e nel 2003: a Pistoia, a Firenze, alla marcia Perugia-Assisi, alla più modesta marcia Agliana-Quarrata. Non ho partecipato alla manifestazione mondiale del 15 febbraio 2003, svoltasi in moltissime città con milioni di partecipanti, perché in quel tristissimo giorno avevo un altro impegno: il funerale di mio fratello Maurizio.
Nessuno ha dato retta a noi manifestanti, e la guerra (nella fattispecie, quella contro l’Iraq) fu fatta lo stesso. Oggi sappiamo (io lo sapevo già allora) che la propaganda americana era basata su un cumulo di menzogne. E comunque, invaso e debellato l’Iraq, impiccato Saddam Hussein, il mondo è forse migliorato? È migliorato dopo la guerra in Afghanistan? E dopo quella in Siria? E migliorerà con la guerra in Ucraina?
Ho manifestato anche per altre ragioni, per la scuola, ad esempio; sono stata a Roma e sotto il ministero, dove a quei tempi imperava l’algida Gelmini. Nessuno ha dato retta a noi manifestanti, e la scuola è andata incontro a riforme su riforme che l’hanno peggiorata in modo irreversibile.
Ho sfilato a Verona con le femministe, ho camminato per i diritti dei migranti.
Ho sfilato con i giovani dei Fridays for Future, e non avevo mai visto Pistoia, normalmente città tiepida e sonnolenta, così piena di gente. A parole, elogi e grande attenzione per i giovani e meno giovani preoccupati per l’ambiente, ma nei fatti…
Giovedì 2 giugno ho manifestato contro la base militare nel parco di San Rossore. Eravamo in tanti, è stata una bella manifestazione. Ci ascolterà qualcuno? E se la base venisse comunque fatta, il mondo diventerà migliore?
Irreversibile è un aggettivo che non mi piace. Sottintende una rassegnazione e un’arrendevolezza che non fanno parte del mio carattere: al contrario, sono profondamente convinto che anche il problema più inveterato e incancrenito possa venire, se non risolto, quantomeno drasticamente ridimensionato. Questo naturalmente senza arrivare ai picchi di ingenuità e ai deliri di onnipotenza tipici degli americani, che sono convinti di poter risolvere anche il problema più complesso con uno schiocco delle dita: spesso non è facile come pensano loro, ma neanche difficile come quelli che allargano le braccia e dicono “Ormai è andata così, è un problema irreversibile”.
Nel caso specifico poi c’è da dire che nella scuola è difficile lavorare non tanto per colpa dei politici, quanto piuttosto per colpa dei genitori. I politici ci danno una bastonata una volta ogni tanto (creando l’alternanza scuola – lavoro, istituendo la promozione per decreto eccetera), ma nella vita quotidiana della scuola influiscono il giusto; i genitori invece condizionano in negativo la scuola ogni giorno che Dio manda in terra, perché la facilità con cui mettono in mezzo l’avvocato, oltre a far imbufalire i professori, li costringe a lavorare con la consapevolezza (tremendamente stressante) che alla prima parola o mossa fuori posto si ritroveranno subito una denuncia schiantata sul capo.
Peraltro nella maggior parte dei casi queste denunce sono assolutamente pretestuose, fatte soltanto per intimidazione, per vendetta o per tutte e 2 le cose; in ogni caso quasi mai per la motivazione ufficiale, ovvero un comportamento lesivo dei diritti o della dignità dell’alunno.
Attenzione: non sono un professore denunciato che parla così per fare la vittima. Facendo le corna, finora non mi sono mai ritrovato in questa situazione. Ma ho visto tanti ottimi colleghi perdere la salute e la passione per l’insegnamento a causa di denunce che non stavano né in cielo né in terra, e che tuttavia li hanno stroncati nel fisico, nel morale e nel portafogli. Perché più la denuncia è infondata, più ne soffrirà il docente che ne è colpito.
Ecco, forse quello delle querele temerarie è un problema irreversibile: infatti per risolverlo ci vorrebbe un intervento dei nostri politici, e loro non lo faranno mai perché sono i primi a servirsene a tutto spiano ogni volta che un giornalista ficca il naso nei loro intrallazzi.
Dico “irreversibile” perché mi pare che da anni ci sia un progetto ben preciso di depotenziamento della scuola e di asservimento a criteri che non sono più quelli che hanno caratterizzato la scuola in passato. Magari non sarà una mutazione irreversibile, ma certo ci vorranno una nuova ottica e molti anni per ricondurre la scuola ai suoi fini più nobili. L’impatto di riforme, taglio degli organici, distribuzione delle discipline, progetti etc hanno certamente un impatto sull’Istituzione ben più forte di quello esercitato dai genitori. Sono certa che le famiglie possono avere un’influenza negativa sulla scuola, possono però anche avere un’influenza positiva, se la stimolano a dare il meglio. Io non demonizzo la loro presenza, anche se è ovvio che certi atteggiamenti sono sbagliati. Ci sono pessimi genitori, in rapporto alla scuola dei loro figli, ma in fin dei conti la scuola è anche loro. Non credo a una scuola torre d’avorio dove saggi insegnanti agiscono sempre per il meglio, anche perché ne ho conosciuto molti di pessimi. Personalmente non mi sono mai sentita oppressa dia genitori dei miei alunni, a volte ho avuto qualche screzio, come è normale, ma ho potuto svolgere il mio lavoro liberamente e serenamente.
Qualche anno fa, mentre ero in vacanza, incontrai la mamma di un mio ex alunno ligure. Lei mi diceva che l’aveva mandato a fare le superiori in Inghilterra, ma l’aveva fatto rientrare a gambe levate dopo soli 3 mesi: infatti si era resa conto che la scuola inglese era di gran lunga peggiore rispetto a quella italiana, al punto che loro facevano in prima superiore delle banalità che suo figlio aveva già fatto in quinta elementare. E questo non in una materia sola, ma in tutte. Lì presi coscienza del fatto che la mia convinzione per cui la scuola italiana è di eccezionale livello non era il delirio patriottico di un destrorso né la visione idealizzata di un professore innamorato del suo lavoro, ma una realtà oggettiva. E questa realtà oggettiva non è stata modificata né dai tentativi di depotenziamento che ha elencato Lei, né dalle querele temerarie che subiscono tanti professori che andrebbero soltanto ringraziati. E’ grazie a loro se l’Italia ha un grande sistema scolastico. E’ grazie alla loro abilità nel plasmare le giovani generazioni se continueremo a lungo ad essere un grande popolo e un grande paese.
Anch’io nonostante tutto credo che il sistema scolastico italiano sia migliore di molti altri: purché non lo smantellino del tutto!
Probabilmente no, quindi speriamo venga curato di più il parco (quello sì che salva!).
Lo spero vivamente anch’io
Che dopo una guerra nasca un mondo migliore è falso. Non lo dico io, ma basta leggere la storia. Anzi i cosiddetti trattati di pace preparano il conflitto successivo. Però la storia è una materia scomoda da abolire così si possono raccontare tutte le panzane che si vuole senza contraddittorio.
La scuola… si è passati da un sistema dove l’insegnante era Dio, al suo opposto col risultato di sfasciare tutto. Le cosiddette riforme sono state tutt’altro e chi ne ha pagato le conseguenze sono stati proprio i ragazzi, gli studenti. Ho insegnato per tre anni nel periodo delle rivolte studentesche, del sei politico, e di altro. Ai miei alunni ho sempre spiegato che avrei potuto dare il sei a tutti – allora i voti andavano da 1 a 10 – e non insegnare nulla. Però avrei ricevuto le loro maledizioni quando sarebbero usciti dalla scuola. Alla fine mi hanno considerato il fratello maggiore visto che tra me e loro non c’era poi molta differenza di età.
Se il DAD non ha funzionato le colpe, se ci sono state, sono divise tra molti attori. La classe insegnante che si è trovata impreparata a insegnare in modo diverso, ai tagli e le riforme cervellotiche che hanno impedito alla scuola di dotarsi degli strumenti innovativi, alle istituzioni che hanno considerato la scuola una spesa e non un investimento. Quando è terminata la prima ondata del COVID ci sono stati almeno cinque mesi per metterci le pezze nei punti più critici, invece si è optato per la distribuzione di soldi a pioggia.
Hai ragione, la scelta di Conte di rimanere con le mani in mano nell’Estate 2020 è stata imperdonabile. Per garantire il rientro a scuola in sicurezza, Conte avrebbe dovuto passare quell’Estate a finanziare e attuare un imponente piano di potenziamento dei mezzi pubblici; invece il calo dei contagi l’aveva illuso che il problema si fosse risolto da solo, e quindi non fece praticamente nulla in questo senso (perché i 300 milioni investiti da Conte in questo settore sono nulla, soprattutto se consideriamo che andavano spartiti tra 20 regioni).
Peraltro, bastava avere un minimo di cultura scientifica per capire che il problema non si era risolto da solo: infatti, se per un virus non è ancora stata trovata una cura né un vaccino, è logico che quel virus tornerà ad imperversare, al di là del fatto che possa avere dei periodi di calo. Conte questo non l’aveva capito, e infatti nell’Estate 2020 non solo non risolse le criticità che avevano permesso una così gigantesca circolazione del virus, ma si sbilanciò pure nel fare delle dichiarazioni del tipo “Escluderei un nuovo lockdown generalizzato, se la curva dei contagi continuasse a risalire prevedo qualche lockdown molto circoscritto.” Conte pronunciò queste parole il 12 Ottobre 2020; meno di un mese dopo, il 6 Novembre 2020, iniziò un nuovo lockdown generalizzato. Un uomo di parola, eh? 🙂
tutte giuste osservazioni le tue aggiungo che i 300 milioni se investiti nel cablaggio delle scuole – non erano sufficienti ma avrebbero attenuato molte criticità – sarebbero stati un investimento e non una spesa visto che sono finiti un po’ a casaccio.
Per fortuna il suo successore Draghi ha investito moltissimo nella scuola, come puoi leggere in quest’articolo: https://www.cittadinanzattiva.it/notizie/14568-pnrr-e-scuola-5-miliardi-e-200-milioni-per-le-prime-misure.html. Grazie per la risposta! 🙂
In verità Draghi sta attuando tagli alla scuola…Nel DEF licenziato ad aprile si prevedono tagli di mezzo punto di PIL tra il 2022 e il 2025
Ho letto anch’io, e trovo il tutto altamente vergognoso, proprio in concomitanza con fondi europei che permetterebbero di migliorare il sistema scolastico sia a livello di docenti che di strutture. Abbiamo scuole fatiscenti in tutta Italia, ma siamo sempre pronti a piangere quando crolla un tetto, e qualcuno ci rimette la vita.