Il romanzo che sto leggendo è avvincente. Ambientato nel Rinascimento, un periodo storico che non è tra i miei preferiti, è, come dev’essere, denso di intrighi e di azione. Scorre veloce e, lo devo ammettere, coinvolge. Allora cos’è che ho da ridire? Perché potete star certi che, dopo queste premesse, qualcosa da ridire ce l’avrò di sicuro.
Ordinò
Annunciò
Tuonò
Imprecò
Ammise
Borbottò
Domandò
Confidò
Commentò
Asserì
Ribadì
Replicò
Mormorò
Convenne
Biascicò
Ripeté
Esclamò
Sghignazzò
Rise
Azzardò
Ecco, questi sono i sinonimi di dire che la versatile autrice riesce a piazzare solo nelle prime quindici pagine. Non oso immaginare le varianti più o meno estrose che introdurrà di qui alla fine del libro. Per non parlare della nota e abusata coppia verbo+aggettivo, della serie:
Domandò gentile
Rispose compiaciuto
Mormorò rapita
Affermò conciso
Propose tentatrice
Dichiarò fiero
Annunciò felice
E io, che nei dialoghi uso esclusivamente questi tre verbi:
disse
chiese
rispose…
Che varietà un po’ stressante…
😉😘
Io sono per uno stile più sobrio… La ricerca spasmodica dei sinonimi mi sembra un esercizio piuttosto scolastico, capace di generare effetti comici involontari