Il martedì e il giovedì mattina vado a Vicofaro per la mia attività di volontariato con i ragazzi migranti. Vicofaro era la mia parrocchia quando ero appena arrivata a Pistoia e abitavo in via Macallè. C’era una chiesetta piccola, quasi rurale, e una canonica accanto, con un’aia piastrellata davanti. Poi costruirono la chiesa grande, un’opera architettonica degli anni ’70 che somiglia a un bunker, un edificio enorme con una copertura nera, tondeggiante, con inspiegabili alette ai lati. Sembra l’elmetto di uno sturmtruppen, manca solo il chiodo sul cocuzzolo. La chiesa vecchia è rimasta a fianco del mostro, semplice e aggraziata, senza pretese, col suo campanile ancora intatto: viene utilizzata per incontri e assemblee. La canonica, col suo spiazzo davanti, è ancora lì, e di fronte è stata montata una grande tensostruttura, che viene usata per incontri e assemblee più numerose e per cene sociali. Ma per favore non andateci in pieno inverno perché si gela (e nemmeno in piena estate perché si boccheggia).
Quando arrivo, verso le 9.30, i ragazzi ospiti di don Massimo escono da ogni porta, chi in accappatoio, chi indossando abiti tradizionali, che in jeans e felpa, quasi tutti con le infradito ai piedi. Escono dalle stanze in cui hanno dormito, entrano nei gabinetti chimici posti all’esterno e dai quali, in certi giorni, si sprigiona un odore penetrante. Alcuni hanno fatto la doccia, altri stanno facendo colazione, molti spazzano e raccolgono la spazzatura, molti altri inforcano le bici e vanno a lavorare. Vanno a Prato, il regno dei cinesi, che offrono loro lavori sottopagati nelle fabbriche tessili, o vanno a distribuire volantini pubblicitari porta a porta, o a svolgere altre attività grazie alle quali raggranellano qualche soldo. Qualcuno rimane lì: c’è chi rimane a letto perché ha fatto tardi al lavoro, ci sono alcuni che fanno turni pomeridiani che si prolungano anche fino alle due di notte. Altri si occupano dei loro documenti, di come ottenerli, di come conservarli, di come farne uso per ottenere vantaggi, ed è un lavoro a tempo pieno, perché la burocrazia è implacabile, soprattutto con gli stranieri. Alcuni infine vengono a scuola. Molti sono analfabeti o semianalfabeti, parlano l’italiano ma lo leggono con molta difficoltà e riescono a scriverlo solo copiando. Così la piccola aula dove facciamo lezione risuona di voci adulte che sillabano me-la, pe-ra, ma-ti-ta, po-mo-do-ro. Hanno dai 18-20 anni ai 25-30 al massimo, hanno passato l’inferno ma sono quasi sempre sorridenti e gentili, capiscono che imparare meglio l’italiano sarebbe importante, ma non sempre sono sufficientemente motivati perché le loro priorità sono altre: guadagnare qualcosa, mandare soldi alla famiglia, ottenere visti e documenti, trovare un buon lavoro, trovare un posto dove vivere la propria vita. E magari, come dice Diba, sposare una bella ragazza italiana. E perché no?
Marisa Salabelle
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Se Diba vuole raggiungere il suo obiettivo, sarebbe opportuno per lui spostarsi di qualche chilometro: infatti i toscani guardano con malcelato senso di superiorità anche soltanto chi non viene dalla loro stessa regione, figuriamoci chi viene dall’Africa. E’ una grandeur tipica in particolare dei fiorentini: come sa bene, in età rinascimentale il comune di Firenze era uno dei 5 più importanti stati italiani, e da allora questa volontà di primeggiare, questo sentirsi superiori a tutto e tutti è entrato nel DNA dei suoi abitanti. L’importanza del turismo per l’economia della città dovrebbe spingerli ad essere aperti e accoglienti nei confronti di chi viene da fuori, e invece sono chiusi a doppia mandata, e non si curano neanche di nascondere l’altezzosità con cui guardano a chiunque non sia fiorentino.
Io invece quest’atteggiamento non l’ho mai avuto: un po’ perché non sono un fiorentino purosangue (ho sempre vissuto in provincia), un po’ perché trovo ridicolo sentirsi dei fenomeni per il solo fatto di essere nati in un posto anziché in un altro. Se proprio devi fare il gradasso, almeno fallo per una tua qualità personale o per qualcosa che ti sei conquistato con le tue forze, non per il fatto totalmente casuale di essere nato e cresciuto a Firenze.
Be’, anche i pistoiesi sono un po’ snob, ma mai quanto i fiorentini. D’altra parte è vero che l’alleanza matrimoniale è sempre stata un elemento di integrazione tra i popoli, la storia ce lo insegna!
Certamente. Tante famiglie formano una comunità, e tante comunità formano una società: di conseguenza, se cominciano ad esserci tante famiglie interrazziali come la mia, per effetto domino diventerà multietnica l’intera società. Ma a Firenze questo non succederà mai, per i motivi sopra citati.
Mi perdoni se salto di palo in frasca: immagino che avrà saputo degli scheletri nell’armadio (o forse dovrei dire nel profilo Facebook) di Fioramonti. A questo proposito, su Twitter sta impazzando l’hashtag #FioramontiDimettiti: è d’accordo con questo moto d’indignazione popolare o lo trova esagerato?
Non penso che Firenze sia così impermeabile alla contaminazione come dici: non posso credere che i fiorentini sposino solo e sempre fiorentine (donne, non bistecche) e viceversa. Al contrario, penso con dispiacere (perché ogni eccesso implica conseguenze negative) che Firenze stia perdendo irrimediabilmente la sua identità essendosi turistizzata in modo eccessivo.
Quanto a Fioramonti, ne so poco: mi sembra un po’ un Toninelli bis, che agli inizi del suo mandato se ne usciva ogni giorno con una novità; per ciò che riguarda certi suoi tweet o post su Facebook, non li ho letti, ma mi sembra che non sia stato il primo né l’ultimo a scrivere cazzate o frasi offensive. Cos’è, siamo diventati tutti politicamente corretti, ora? E quando i tweet li faceva Salvini?
Salvini sceglieva con cura i suoi bersagli: solo persone che erano già detestate per conto loro, e sulle quali poteva quindi accanirsi senza nessuna conseguenza. Fioramonti invece si è messo a sparare a zero su donne e carabinieri, e quindi ha scatenato un’indignazione ben maggiore. Insomma, non conta tanto l’insulto che spari, ma la persona a cui lo rivolgi. La legge è uguale per tutti, la condanna sociale un po’ meno…
Sai come sono contraria agli insulti sui media. Purtroppo mi pare un’usanza molto diffusa!
Complimenti per l’attivitá svolta!
Grazie!
Grazie per l’interessante racconto che hai scritto in onestà di coscienza creativa, questi ragazzi sembra che stiano facendo la cosiddetta gavetta per crearsi una vita più normale dopo aver esperito vari tipi di inferni, auguri reali a loro per opportunità di lavoro in onestà di coscienza creativa e retribuzioni in onestà e giustizia, auguri reali che possano resistere alle tentazioni delle dannazioni, che non vadano mai contro il loro cuore, mai contro la loro coscienza 🙂
chissà perché in certi paesi, anche in quello in cui abito io, anni fa sostituirono le antiche chiese con costruzioni che mi sembrano architettonicamente “moderniste” diciamo?
Grazie a te per gli auguri, anch’io spero che questi giovani riescano a crearsi una vita!
La chiesa è stata fatta negli anni ’70, un periodo di architettura diciamo sperimentale. Io la trovo decisamente brutta e preferisco la chiesetta vecchia; anche se costruire un edifico più ampio era necessario, non importava fare un obbrobrio!