Leggo sull’Espresso online queste righe tratte dal blog di Carlo Troilo:
«Come un rivo strozzato che gorgoglia, come una foglia incartocciata e riarsa.
Con queste parole – degne dei più bei versi di Quasimodo o di Cardarelli – uno dei difensori, con Filomena Gallo, di Marco Cappato, Vittorio Manes – ha spiegato ai giudici della Corte Costituzionale a cosa si era ridotta “la vita” di Fabiano Antoniani e perché egli aveva scelto di cercare in Svizzera quella “morte degna” tuttora negata dalle leggi italiane ai malati afflitti da sofferenze fisiche o psichiche insopportabili.»
Caro Carlo Troilo, le parole che ti sono tanto piaciute saranno forse degne dei più bei versi di Quasimodo o di Cardarelli, ma in verità fanno parte, con una leggerissima variazione, dei più bei versi (e anche dei più famosi, devo dire) di Eugenio Montale.
Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Così, tanto perché tu lo sappia. Bastava googlare.
Già Cicerone nel De oratore parlava dell’importanza per un avvocato di conoscere la letteratura, perché piena di espressioni suggestive che avrebbero fatto molto colpo sul suo uditorio. Carlo Troilo ha involontariamente confermato le sue parole. 🙂
Giusto dare a Eugenio quel che è di Eugenio, ma la bellezza di quelle parole va oltre il nome dell’autore, sarebbero comunque stupende anche se le avesse pronunciate la portinaia dello stabile di via Cunegonda pulendo faticosamente le scale 🙂
ml
Non c’è dubbio… sono rimasta colpita dal fatto che l’autore dell’articolo non sapesse che si tratta di versi di Montale, ma li considerasse degni di Quasimodo o Cardarelli. Informarsi prima no?