Oggi porto i ragazzi di quinta a una lezione di storia sulla prima guerra mondiale, tenuta da un docente universitario. Sarà un’occasione per arricchire la loro comprensione di quel grande e terribile evento, per far loro capire che la storia si può guardare da tanti punti di vista, da tante angolature diverse, per offrirgli un assaggio di quello che è il lavoro interpretativo dello storico…
Siamo all’auditorium, adiacente alla nostra scuola, tanto che ci sentiamo a casa nostra: con noi, ci sono studenti di altri istituti. Mi siedo alle spalle di alcuni dei miei alunni più casinisti, in modo da poter loro assestare un amichevole scappellotto, in caso di necessità. A parte la prolissa introduzione da parte dell’anziano presidente dell’Istituto Storico della Resistenza, a parte il fatto che il relatore, in piedi dietro il videoproiettore, aveva la carta dell’Europa proiettata sulla sua pancia, a parte qualche prevedibile battutina acida da parte dei miei, tutto filava per il meglio quando dal loggione ha cominciato a diffondersi un mormorio. Voci infondate, relative a scosse telluriche in atto, miravano evidentemente a seminare il panico.
«Noi continuiamo» ha detto coraggiosamente l’oratore, e abbiamo continuato. Né ci siamo lasciati intimidire dal vociare proveniente dall’esterno e dal lontano suono di sirene. Solo quando una bidella è entrata sconvolta nell’auditorium a dirci che tutte le scuole della città stavano evacuando a causa del terremoto ci siamo decisi, sia pure a malincuore, a rinunciare alla conferenza e ad abbandonare il locale.
Marisa Salabelle
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Ohhhhh……
Ricordo che una volta anche la nostra professoressa di Diritto ci portò ad una conferenza.
Ad ascoltarla c’erano anche altre scolaresche. Una delle classi lì presenti si accorse che, se la conferenza fosse terminata nei tempi previsti, i ragazzi sarebbero tornati a scuola in tempo per fare l’ultim’ora. Peccato che loro all’ultim’ora avessero compito: di conseguenza, per evitarlo avevano il disperato bisogno di prolungare di un’ora la conferenza.
Se fossero stati dei ragazzi normali, avrebbero riempito il conferenziere di domande, così si sarebbe perso tempo e l’obiettivo sarebbe stato raggiunto.
Il guaio è che quella classe era formata non da degli alunni normali, ma da dei veri e propri trogloditi. Così, per dilatare i tempi della conferenza escogitarono un metodo infinitamente più maleducato: ogni tot minuti si mettevano a tossire in gruppo. In questo modo il baccano da loro provocato sovrastava la voce del conferenziere, e quest’ultimo era costretto ad interrompersi. E così, di interruzione in interruzione, raggiunsero il loro obiettivo…
Tuttora mi chiedo: ma la docente che li aveva accompagnati, perché non li ha fatti smettere? E se invece ci ha provato senza riuscirci, perché non li ha portati via quando si è resa conto che non le obbedivano? E il personale della scuola in cui si tenne la conferenza, perché non ci pensarono loro a buttar fuori gli scalmanati?
La spiegazione che mi sono dato è che la docente non portò via i ragazzi perché, se lo avesse fatto, tutti avrebbero visto che era lei l’insegnante dei trogloditi. E il personale della scuola non intervenne perché temeva di offendere la scuola invitata alla conferenza espellendo i suoi alunni.
Lei come si sarebbe comportata in una situazione del genere?
Di solito, quando porto i ragazzi in giro, si comportano piuttosto bene. Una volta ero a un incontro simile a quello che hai descritto, e c’era una classe di ragazze di un altro istituto che schiamazzavano e si facevano foto coi cellulari. Dopo aver aspettato che la loro insegnante si decidesse a dirgli qualcosa, visto che quella se ne stava tutta placida da un’altra parte a chiacchierare con le colleghe, mi avvicinai alle ragazze e le sgridai, dicendo che se non avessero smesso di far chiasso avrei chiamato la loro prof (la conoscevo, era una mia ex compagna di scuola…). Mi allontanai per tornare alla mia postazione e sentii alcune delle ragazzine che sibilavano “Ma che vuole quella? Che stronza…”
La reazione delle ragazze non mi stupisce affatto. Quando una classe è abituata a restare impunita per la propria indisciplina, poi comincia a pensare che comportarsi male sia la normalità, o addirittura che sia un suo diritto. Di conseguenza, quando qualcuno gli fa notare che non è né l’una né l’altra cosa, la classe non pensa “Ci siamo comportato male, quindi ha ragione”: pensa “Non stavamo facendo nulla di strano, quindi è una stronza.” Grazie per la risposta! 🙂
Comunque tengo a precisare che il terremoto non era un pretesto e che siamo stati evacuati realmente…
Nessuno abbandona niente finchè ha ancora le costole attaccate alla cassa toracica!