È curioso, per il commissario esterno, interrogare i candidati. Perché quando interroghi i tuoi alunni, sangue del tuo sangue, che hai allevato per tre, quattro anni con porzioni massicce di letteratura, biberon di storia, flebo di cittadinanza, iniezioni di fiducia in se stessi, be’, sai quello che hai fatto, sai quello che avresti potuto fare e non hai fatto, sai quello che hanno fatto loro e non hai grandi sorprese. Di ognuno conosci l’inflessione della voce, i piccoli tic, i gesti: sai già chi farà un figurone, chi stenterà, chi sarà loquace, chi inconcludente, chi timido e impacciato. Questi ragazzi che invece ti si presentano all’esame sono degli sconosciuti: li hai visti nei giorni delle prove scritte, con qualcuno hai anche scambiato due parole, quasi di nessuno ricordi il nome. Ognuno è un’incognita. Quel mingherlino con la maglietta bordeaux, i jeans striminziti, la cartellina stretta nelle mani sudate, quel bietolone alto un metro e novanta che da due giorni viene ad assistere ai colloqui e a far casino, la biondina minuta che ti guarda come un agnellino pronto al macello e la ragazzona grassa e allegra, chissà che cosa hanno dentro di sé, quale percorso hanno compiuto, cosa si aspettano dalla vita: e tu sei lì per leggere il loro tema, farti dire quando è nato Giovanni Pascoli e chi ha vinto la prima guerra mondiale, ascoltarli mentre ti espongono le loro conoscenze sul fascismo e analizzano per te “Spesso il male di vivere ho incontrato”: e sarà opportuno che sappiano dirti che cos’è il correlativo oggettivo, come minimo.
Marisa Salabelle
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Le confesso che io, pur avendo 2 lauree in Lettere Antiche, non avevo la più pallida idea di cosa fosse il correlativo oggettivo. Poi ho guardato su Wikipedia, e mi sono sentito meno in colpa: è un concetto elaborato nel ‘900, e quindi è molto fuori dal mio ambito di studi.
Comunque, ammetto candidamente che anche in certi ambiti del Latino e Greco, come la metrica, sono ignorante quanto una capra. Piedi come i trochei e i giambi mi sono del tutto sconosciuti. O meglio, ne ho sentito parlare, ovviamente, ma se Lei mi mettesse davanti una poesia che li contiene e mi chiedesse di riconoscerli io sarei costretto a tirare a caso.
Ho più volte cercato di colmare questa mia lacuna, ma ogni volta che provavo a leggere un testo in metrica non azzeccavo un verso nemmeno per sbaglio, e quindi mi sono arreso.
Credo di non averglielo detto, ma il mese scorso ho trovato lavoro. Scrivo le quarte di copertina per una casa editrice. E la vuol sapere una cosa curiosa? La mia boss mi ha assunto proprio grazie alla mia attività di blogger. Nel curriculum che le inviai avevo inserito l’indirizzo del mio blog: lei ci andò, le mie recensioni letterarie le piacquero e mi assunse per questo motivo. Alla fine per scampare al buco nero della disoccupazione è stato più utile il mio blog delle mie due lauree. : )
Uau, due lauree! Complimenti! E complimenti per il lavoro! Posso sapere qual è la casa editrice?
Io al liceo ero bravissima in metrica, andavo a orecchio e non sbagliavo mai. Il latino l’ho imparato bene e sono convinta di essere in grado di tradurre un testo ancora oggi, dopo 41 anni dal diploma; il greco è stato un buco nero, ai tempi di scuola me la cavavo, poi ho cancellato tutto. Mio padre insegnava latino e greco e mi ha aiutato molto… o assillato, se vuoi.
Dopo la fine del liceo ero satura di classici e ho scelto filosofia, poi ho cambiato indirizzo e mi sono laureata in storia.
Se vuoi che ti compaia la faccina non devi mettere spazio tra i due punti e la parentesi 😉
La casa editrice è questa: http://www.fratinieditore.it/. Tra i nostri libri, credo che le piacerebbe molto “La bambina e il buio.”
Le segnalo anche il sito dell’artista che disegna alcune delle nostre copertine, perché ha un talento straordinario: http://www.grisciart.it/. Ed è anche una splendida persona, come tutti i miei colleghi della casa editrice. E’ un ambiente dove si lavora bene, e questo è visibile anche dal prodotto finito. A presto! 🙂
Andrò a vedere…
Visto che hai imparato a fare le faccine?
P.S.: all’università andavo in via degli Alfani…
Ci andavo anch’io. Per andare alla casa editrice faccio la stessa strada che facevo tutti i giorni per andare all’università, e certi giorni prendo anche lo stesso treno. Per me i ricordi universitari sono ancora freschi, quindi ogni volta mi prendono degli attacchi di nostalgia fortissimi.
Se vuole, una volta può venire ad una delle nostre presentazioni: non sono eventi formali, anzi c’è un’atmosfera molto piacevole. Dopo la presentazione c’è una piccola cena: gli ospiti mangiano due o tre cose e vanno via, noi della casa editrice invece ci sediamo a tavola e restiamo a chiacchierare per delle ore. Spero che la mia collaborazione con loro duri il più a lungo possibile, perché mi sta arricchendo molto dal punto di vista umano. Buona giornata! 🙂
Non è escluso… grazie per l’invito e buona giornata anche a te.
…sangue del tuo sangue…
Mannaja! Dev’essere il correlativo oggettivo dello sforzo maieutico.
È un’iperbole…