Una cosa che pretendo dai miei studenti è che conoscano i testi letterari e non si accontentino di masticarne un riassuntino, pescato, magari, su skuola.net o studenti.it. In classe li leggiamo insieme, a meno che non si tratti di racconti molto lunghi, che allora do da leggere a casa; facciamo l’interpretazione e io schematizzo alla lavagna (tradizionale o interattiva, a piacere), e poi c’è sempre il libro di letteratura, dove il testo è affiancato da parafrasi, note, esercizi e via dicendo. In fin dei conti, a cosa serve studiare letteratura, se non a conoscere i testi? È come se uno conoscesse tutti i titoli di Kubrik senza aver mai visto un film o imparasse a memoria la discografia dei Beatles e pretendesse di parlarne senza aver mai ascoltato una canzone…
Così, per la verifica sull’illuminismo, ho proposto lo schema di un brano (di Verri, di Rousseau, di Beccaria) da completare.
«Vedrai, mi sono detta, che se non l’hanno letto non sapranno cosa inserire al posto dei puntini.»
Ora, in fase di correzione, mi trovo davanti il compito di Valerio. Leggo.
«Se anche la tortura fosse un animale,
Sarebbe in ogni caso un gatto.
Le alternative sono due: 1) è un elefante 2) è un ippopotamo.
Se è valida la 1) non è un cavallo.
Se è valida la 2) non è una giraffa.
Pertanto la tortura è un gatto mammone.»
Marisa Salabelle
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«Professoressa, mi dice Anthony, così però non vale. Lei si è appropriata di una mia idea, solo che io invece degli animali ci avevo messo i colori. E se deve raccontare una mia trovata, voglio che la racconti per bene, e che ci metta chiaro il mio nome.»
«Il nome l’ho cambiato per la privacy, lo sai; in ogni caso, io l’idea non te l’ho rubata, ho solo preso spunto» rispondo, come tutti i copiatori.
«D’altra parte, l’idea iniziale conta, sì, ma quel che vale soprattutto è il modo in cui la si racconta. Tu ci hai messo il materiale grezzo, io l’arte.»
«Arte o no, sia chiaro che il copyright è mio!»
E così obbedisco, e lo scrivo chiaro e tondo: Anthony©