La storia, comunque… la storia, ecco, non la convinceva. Coraggiosa, aveva letto da qualche parte. Perché trattava di adolescenze difficili: e dunque, questa era l’idea, ci voleva del coraggio a parlare di certe cose, come: drammi familiari, omosessualità, violenza, abuso. Eppure, pensò la professoressa, che certo doveva essere una gran rompicoglioni, quanti ne ho letti, in questi ultimi anni, di romanzi “coraggiosi”, che affrontano “storie drammatiche” e parlano di “adolescenze difficili”? Contò sulle dita: ce n’era più d’uno. Lo schema, pressappoco sempre lo stesso. Ci sono due adolescenti: due maschi, due femmine, oppure un maschio e una femmina. Sono amici, amicissimi, uniti visceralmente: e il più delle volte la loro amicizia sconfina in qualcosa di più profondo, o di più ambiguo, o di più morboso. Vivono in un ambiente degradato, hanno famiglie sventuratissime, sono costretti ad affrontare impressionanti sequenze di eventi drammatici. È davvero necessario aver molto coraggio, al giorno d’oggi, per scrivere un romanzo i cui protagonisti hanno subito violenza sessuale, soffrono di gravi disturbi psicosomatici, sono vittime di bullismo e fanno parte di famiglie distrutte? Non si tratta, forse, di temi ormai abusati, visti e sentiti infinite volte? Non somigliano, le storie di questi giovani sventurati, alle biografie degli ospiti di Amici o del Grande Fratello o di altri analoghi programmi spazzatura? Sì, pensò la prof, ma la materia, ancorché greve, dovrebbe esser nobilitata dalla lingua, dallo stile, da quel “di più” che ci mette l’autore, il quale, si sa, trasforma la materia dandole voce, eleva la storia più trita rendendola universale. Ecco, certo era lei a sbagliare, ma le pareva, leggendo quel romanzo e confrontandolo ad altri simili che aveva letto negli ultimi anni, che non ci fosse nulla, in quelle opere, che giustificasse l’utilizzo di un campionario di sventure e di situazioni estreme, se non ai fini di confezionare dei bei polpettoni da rifilare a un pubblico di bocca buona.
Marisa Salabelle
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“…confezionare dei bei polpettoni da rifilare a un pubblico di bocca buona”
Sic!